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In tempi ormai sfiancati dal dilagare del pensiero debole, una robusta iniezione di forza è quello che ci vuole per tentare di sopravvivere. Il disincanto di Rensi ci aiuta a prendere le distanze dai sentimentalismi umanitari tanto assoluti nel XXI secolo tanto quanto lo furono i totalitarismi nel Novecento. Rensi e il suo scetticismo sono un toccasana perché mostrano come la storia non abbia una direzione: non ci sono tappe da dover seguire né mete da raggiungere. Smonta ogni velleità di trovare nella storia delle incarnazioni di verità morali o etiche. Se queste potessero realizzarsi, se la storia ospitasse la verità allora essa stessa evaporerebbe. Ogni rassegnazione presuntuosa che accetta l'ordine dato come immutabile si pone dalla parte del nulla e di quell'autorità a cui Rensi dedica una delle grandi opere della filosofia politica italiana del Novecento. Chi, invece, quella rassegnazione la respinge, si apre alla storia come movimento. E dunque si apre il futuro. Un motivo, questo, per non lasciare Giuseppe Rensi tra gli scaffali polverosi della storia ma rileggerlo. Oggi.